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Il Paese che non c’è

11 Febbraio 2014

Scoprire il “Paese che non c’è” sulle orme del prof. Pierìn.
 

          Era da tempo che il prof. Pierin docente di glottologia all’Università di Padova si proponeva di fare uno studio su Verzegnis, il paese che non c’è. Lo intrigava quello strano nome. ma soprattutto il fatto che a quel nome non corrispondesse alcun abitato. Verzegnis è il nome di un Comune fatto da più paesi, ma non è il paese capoluogo come di solito avviene. Non c’è neppure una casa che possa venire iscritta sotto questo nome. Come mai e perché?...
          Era l’estate del ’44 del secolo scorso. A Padova c’erano i repubblichini della Repubblica Sociale di Salò a sorreggere la speranza di Mussolini di riprendere in mano l’Italia. C’erano i tedeschi che resistevano, confidando di riprendere in mano le sorti della guerra  con le nuove armi che stavano inventando. Al  sud stavano avanzando gli anglo-americani per consentire agli italiani di riprendersi la democrazia. Vivere in città non era più consigliabile, perché cadevano bombe d’ogni provenienza. Fu così che al prof. Pierin venne l’idea d’unire, per così dire, l’utile al dilettevole. Si ritirò sulla montagna di Verzegnis con la scusa di studiare il paese, ma in realtà per fuggire dalla guerra..
          Trovò ospitalità nel primo paese, quello di Chiaulis, dalla signora Caterina che cercava di far quadrare il bilancio familiare affittando delle camere. Si rese  subito conto però di essere caduto dalla padella nella brace. Anche in montagna c’era la guerra: se a Padova c’erano gli aerei, a Verzegnis c’erano i partigiani. Non i garibaldini dal fazzoletto rosso, ma gli osovani dal fazzoletto verde. Si poteva dire che erano nati proprio lì,  nella Chiesa di Pozzis la notte di Natale, su suggerimento del parroco don Graziano. Tra loro c’era anche il poeta Giso Fior che appunto, dal casone degli osovani sopra Pozzis, nell’estate del ’44, scriverà i versi immortali di Cencia Sunsùr, nei quali il desiderio della fine della guerra diventa desiderio della fine in assoluto:

O ce biel inscindalasci                                               O che bello andarsene
Di chiest mont cencia sunsur                                      da questo mondo senza rumore
E savèi che domo l’aria                                               e sapere che solo l’aria
Si è indacuarta ch’a si mur                                          si è accorta che si muore
E murì cussì, tun stali                                                 e morire così in uno stavolo
Con ch’a si à ciapàt il sum                                          quando s’è preso sonno
E no vèi rancors di sorta                                             senza rancori di nessun genere
E no fa sufrì nessun                                                   senza far soffrire nessuno

          Gli osovani  avevano la sede principale a livello provinciale al castello di Pielungo, e attraverso Sella Chianzutan avevano fatto di Verzegnis il loro avamposto nella Val Tagliamento. La Carnia era libera, nel senso che i tedeschi si erano rinchiusi a Tolmezzo. Ma il territorio di Verzegnis confina con quello di Tolmezzo e quindi il paese che non c’è era la prima linea della Carnia Libera che credeva di star assediando Tolmezzo. con quel che ne conseguiva.
          Dalle prime informazioni Pierin venne così  a sapere d’essere  finito in un paese nel quale non mancavano le teste calde. Il sei marzo, per dare a vedere che si erano costituiti, i partigiani avevano incendiato il municipio con tutti gli archivi e quindi bruciato anche la storia del paese. Forse volevano ispirarsi al compaesano Agostino Frezza, impiccato a Udine nel 1859 come sovversivo, martire dei moti rivoluzionari che  avevano portato alla nascita del Regno d’Italia, pensò Pierin che s'era dato a studiare la storia del paese.
          Per fortuna c’era il calore dell’accoglienza della signora Caterina. Cenava con la famiglia, assieme al marito di lei che lavorava alla cava di marmo ed al fratello che faceva il geometra, sentendo il racconto di come avevano passato la giornata. Il fratello lavorava con la Todt l’organizzazione di lavoro che i tedeschi avevano attivato per impegnare i giovani del luogo in alternativa al servizio militare. Fino all’anno prima aveva lavorato al progetto del Vallo Littorio. Il sistema di difesa che Mussolini aveva immaginato di dover attivare contro i tedeschi, nel caso fosse venuto meno l’accordo con Hitler. Ora invece, con i tedeschi, stavano lavorando per  trasformare le fortificazioni nell’ultima trincea dei tedeschi in Italia, in caso di ripiegamento…
          Il marito lavorava invece alla cava di marmo rosso di Lavoreit ed anche se era proibito perché troppo pericoloso, scendeva e saliva utilizzando la teleferica che portava i blocchi di marmo dalla cava in cima alla montagna, fino a Sella Chianzutan.
Una domenica si offrì di accompagnare il prof a vedere la Cava e visti si suoi interessi per le cose originali, lo portò anche a vedere il Crist di Val. Aveva già letto che la  scultura del crocefisso si fa risalire al 1300, ma vedendo il luogo non potè far a meno di pensare che anche il mistero di quella grotta potesse legarsi al mistero del paese che non c’è. Si convinse subito che la storia della grotta risaliva alla notte dei tempi, a quando, in un clima diverso, in epoca protostorica, si erano insediati i primi abitanti della Carnia.
           Questa convinzione lo portò ad intensificare la sua ricerca ed entrò così  in contatto con una realtà che non avrebbe mai sospettato.
Scoprì subito che non era un caso ci fosse quel nome senza il paese, perché, nella realtà del territorio gli parve di intuire che c’era  in verità qualcosa che “non c’è”. Aveva a suo tempo avuto modo di interessarsi della storia dei Celti e l’aveva colpito la loro idea sulla convivenza di due realtà quella visibile e quella invisibile: in ogni luogo i viventi convivono con i vissuti. Ebbe la conferma di questo fatto il giorno nel quale  volle visitare il colle di Mazeit ove, si diceva, c’era stato un villaggio celtico. Mazeit, da macerie, era il nome che aveva letto in un libricino edito dalla Parrocchia, ma la sua padrona di casa gli aveva detto che il luogo si chiamava Castello od anche Broilàtz. Anche questa diversità dei nomi aveva aumentato la sua curiosità e il suo desiderio di visitare i luogo.
          Mentre guardava ai resti delle costruzioni e pensava al sudore ed alla fatica degli esseri umani che avevano smosso quei sassi ebbe la sensazione d’essere sfiorato dall’ala d’un pipistrello. Ma non un piccolo animale come quelli che si vedono attraversare l’aria la sera. Ebbe la sensazione che lo stesse sfiorando l’ala d’un animale enorme, si sentì colpito e attraversato da una intensa ala di vento. Non ebbe dubbi sul fatto che fossero stati gli invisibili a volergli dare un segnale della loro presenza e per quanto si ritenesse un “loico” razionale, superiore alle suggestioni delle dicerie della povera gente, prese a correre per la strada che dal colle porta al paese di Villa, e si sentì al sicuro solo quando si trovò di nuovo tra le case e la gente del paese.
          Risalendo verso la chiesa, dopo aver preso fiato, incontrò una persona originale che si mise a spiegargli la sua idea di realizzare un Art Park. Per scacciare l’impressione che si portava da Mazeit, qualsiasi discorso, anche il più bizzarro, gli poteva star bene e quindi si fermò a sentire l’idea della realizzazione di un Prato di Arte Contemporanea come museo all’aperto…
          Passando poi davanti alla Chiesa di Villa e vedendo che era aperta decise di entrare quasi per esorcizzare nell’aria del luogo sacro quel vento che s’era sentito addosso a Mazeit. Fermo accanto alla pila dell’acqua santa, stava guardando all’architettura della chiesa, quando dall’acquasantiera gli parve gli fosse uscito un gemito.
          “Ma cosa mi sta succedendo?” biascicò quasi fosse una preghiera.
          “Tutti ci sentono! Ma nessuno confessa d’averci sentite”
          “Come tutte vi sentono?” chiese rivolto all’acqua santa che gli parve si muovesse come l’acqua d’uno stagno alla brezza della sera.           Si guardò attorno, sperando che nessuno lo stesse vedendo mentre parlava con una acquasantiera. Fortunatamente era solo. Ma pur senza testimoni non era meno preoccupato al vedersi in conversazione con l’acqua santa!
         “Siamo le anime delle indemoniate!” Al sentir quel nome si può immaginare con quale rapidità e con quale faccia sia fuggito di chiesa, incamminandosi velocemente per rientrare nella camera che gli aveva dato in affitto Caterina. Camminando s'era un po' tranquillizzato dandosi una spiegazione di ciò che gli stava capitando: era solo della suggestione. Aveva infatti appena potuto leggere  il diario d'un certo Billiani nel quale si parlava dell'istero-demonopatia che aveva interessato il paese alla fine dell'Ottocento. Quando infatti poi  a cena chiese alla sua padrona: “Ha mai sentito parlare di indemoniate?”        “Certo che sì,” rispose subito lei e gli racconto in breve la storia delle indemoniate di Verzegnis.

         Sentito il racconto, Pierin trovò il coraggio di confidarsi con la sua padrona di casa sulle parole che gli era parso di sentire in chiesa ed  anche sulle sensazioni che aveva provato in Mazeit.
          “Si vede che lei è una persona molto sensibile. Gli invisibili si fidano di lei,” commentò Caterina.
          “Sai che fortuna!” mormorò tra sé il professore. “Ma per liberarsi di queste presenze adesso come faccio?”
          “Il giro delle quattro chiese,” le rispose senza esitazione Caterina. “Oltre ad altre minori e a diverse cappelle, noi di Verzegnis abbiamo quattro chiese importanti, come quattro sono i punti cardinali, quattro le punte d’una croce che si formano aspergendo d’acqua santa un cadavere. Domenica prossima, quando sono tutte aperte, le visiti tutte quattro. ed in ognuna lasci una offerta per le anime del Purgatorio. Vedrà che non la disturberanno più”.
          Così fece e, come gli aveva assicurato Caterina, si liberò delle presenza degli invisibili.

          Che non fosse stata una bella idea quella di ritirarsi a Verzegnis per sfuggire dalla guerra lo scoprì poi con l’arrivo dei Cosacchi il mese di ottobre. Era il 27 del mese e il territorio fu invaso da 1567 cosacchi con 465 cavalli 58 mucche e 20 cammelli. Il comandante, un certo Zimin, aveva preso alloggio alla locanda al Quadrifoglio, dirimpetto alla finestra della sua camera, per cui il povero prof. era costretto ogni mattina a sentire i movimenti dei soldati cosacchi nel cortile sottostante.
         Pazienza i cosacchi con quelle  facce da mongoli…, ma i cammelli al pascolo per i campi di Verzegnis chi mai avrebbe potuto immaginarselo...
          Il successivo 12 di febbraio giunse a Verzegnis e prese alloggio alla Locanda “Stella d’Oro” a Villa, addirittura  Krasnov l’atamano comandante di tutti i cosacchi, con la moglie Lidia.

          A primavera la situazione si fece più distesa. Gli angloamericani stavano avanzando, la fine della guerra sembrava sempre più vicina. Il sole di marzo favoriva le passeggiate e il prof Pierin prese a frequentare la zona del rio Ambiesta e le borgate di Assais, Fuignis, Dueibis e Pusea, sulla montagna in riva destra del torrente. Lo intrigava il nome del torrente che gli richiamava quello di Segesta, (l’attuale Sezza) che era stata la capitale dei Karni, lo attraeva la suggestione del luogo con i due mulini, la segheria e la piccola centrale elettrica, impianti che sfruttavano le acque del rio. Sentiva parlare d’un progetto di utilizzo molto più ambizioso, con lo sbarramento del rio per creare un Lago che avrebbe seppellito i due mulini. Gli dispiaceva per l’ambiente che sarebbe cambiato, ma se gli abitanti di Verzegnis a fronte del danno ambientale, avessero ottenuto il vantaggio economico dell’energia elettrica a basso costo, forse il gioco poteva valere la candela. Almeno così pensava!

          Ogni giorno si recava a bere alla fontana dell'Acqua del Paradiso e ne ebbe immediatamente un grande benficio che gli fece capire perchè i paesani avessero dato alla fonte un nome così impegnativo.
         Il fratello della sua padrona di casa gli fece scoprire anche il paese che non c’è delle Grotte. Sotto ai paesi reali sembra quasi ci sia la seconda dimensione d’un sistema  fatto di grotte collegate tra loro. Infatti  portandolo a visitare la grotta Alverman vicino ad Assais gli raccontò la leggenda per la quale si dice che all’interno  sia stato ritrovato il campanaccio di una mucca scomparsa in una dolina vicino a casera Val a quasi mille metri di quota più in alto.
         Appassionato scalatore lo portò infine a scoprire persino la Falesia d’Arrampicata dei Cretons.

        Un giorno nel mese di aprile del 1945, pochi giorni prima della fine della guerra, forse pensando appunto che ormai la guerra fosse finita, il prof. Pierin decise  di ripartire e purtroppo da quel giorno si persero le sue tracce. Ucciso dai partigiani? Dai Tedeschi? La scomparsa misteriosa fece della vita del professore  una leggenda. Come tutte le leggende in precario equilibrio tra invenzione e verità: la leggenda d’un glottologo alla ricerca della verità della storia  del paese che non c’è.  

         Ma nella  storia, al di qua della leggenda, resta il figlio della signora Caterina, che in ricordo dello scomparso con il quale era entrata in amicizia, lei ha voluto si chiamasse Pierin. Dopo aver passato tutta la vita a girare per l’Italia come rappresentante della Zanussi, da pensionato, Pierin in memoria della madre affittacamere e seguendo nel destino il filo rosso di questa leggenda ha realizzato il B&B “LA GERLA  BLU”, punto di riferimento per tutti quelli che vorranno seguire le tracce del prof.Pierin per risentire con lui le voci della storia del paese, per scoprire l’incanto del paesaggio, la suggestione del verde dalle mille variazioni  che s’adagia soffice con infinite sfumature a ricoprire le falde del monte Verzegnis...

          Ora Pierin ha deciso di condividere con il figlio Oscar il suo sogno di fare del B&B La Gerla Blu, la porta d'ingresso per scoprire le suggestioni del paese che non c'è. Secondo la migliore tradizione carnica ha quindi caricato la gerla sulle spalle della nuora Ergida, augurando ai due un piacevole cammino, mantenendo, come è ovvio, l'impegno a seguirli nei primi passi....